Le resistenze nella sanità piemontese. Intervista alla nostra Assessora Eleonora Artesio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Com´è dura vincere le resistenze della sanità"
Artesio e la solitudine di un assessore: anche i consiglieri finiscono per difendere il particolare

I segnali che ho ricevuto dai direttori generali delle Asl piemontesi sono alterni, talvolta poco incoraggianti
La mia bussola resta lo strumento regionale: quelli sono gli obiettivi chiave, nell´equilibrio del bilancio

Intervista di Sara Strippoli a Eleonora Artesio su Repubblica del 17 luglio 2008

Assessore Eleonora Artesio, i direttori generali hanno consegnato gli atti aziendali. É soddisfatta?
«Diciamo che i primi segnali sono alterni, talvolta non incoraggianti. In questi giorni ho i colloqui con i direttori generali e finirò il 26 luglio. L´atto aziendale rappresenta l´architettura necessaria per realizzare gli obiettivi del piano sanitario. Le scelte organizzative devono essere strategiche, coerenti».
Sta dicendo che in quello che ha visto finora manca la strategia?
«Permangono le vecchie resistenze e stentano ad affermarsi le nuove competenze. Quando ci si incontra nei congressi scientifici tutti riconoscono l´importanza di organizzare il percorso terapeutico del paziente secondo l´intensità assistenziale, che vuol dire seguire la persona dal medico di famiglia alle terapie ambulatoriali alla gestione ospedaliera nelle manifestazioni acuta al rientro a casa. Quando però ci si confronta sui modelli organizzativi, il linguaggio cambia e il centro diventa il numero delle strutture semplici o complesse, il peso di queste strutture nei dipartimenti, il numero di letti assegnato alle strutture».
I direttori generali temono di perdere consenso politico?
«I verbali delle commissioni consiliari regionali confermano che in molti casi sono rappresentate più le singole aspettative che il disegno generale. Faccio un esempio concreto: venerdì scorso in commissione si doveva discutere l´assestamento di bilancio e ci si è invece intrattenuti per oltre due ore sul numero delle strutture semplici contenute nell´atto aziendale di Alessandria».
La politica predica bene e razzola male?
«La politica non può pretendere dai propri direttori generali rigore nei conti ed equilibrio nei modelli gestionali, se poi si dimostra fluttuante e influenzabile. Osvaldo Napoli, parlamentare del pdl eletto a Giaveno, critica la gestione regionale della sanità dicendo che il ricorso al taglio delle indennità comunali è conseguenza dei costi della sanità, ma non ha lo stesso tipo di preoccupazione quando conduce a casa sua una battaglia sostenendo che noi vogliamo chiudere l´ospedale. Quando peraltro non è vero, vogliamo soltanto riorganizzare sulla base delle esigenze di un territorio più ampio».
È vero, come dicono i rumors di corridoio che per una struttura semplice sono arrivate telefonate dal parlamento?
«No comment».
Lei si sente sola in questa battaglia?
«Non c´è solitudine rispetto agli obiettivi da perseguire, certamente non verso la presidente e la giunta. A volte c´è solitudine, anche in Consiglio, nel far comprendere la complessità di questo percorso cominciato con il piano sanitario. Per quel che mi riguarda, la bussola sarà sempre l´aderenza con gli obiettivi del piano sanitario da perseguire nell´equilibrio di bilancio».
Senza pretendere una pagella, dove ha visto gli sforzi maggiori?
«Direi nelle aziende ospedaliere universitarie, Molinette e ospedale di Novara. Ma anche il Mauriziano, che ridisegna la propria strategia anche in funzione del distacco da Candiolo. Dovendo trovare una mediazione con la parte universitaria i direttori generali hanno dovuto governare una maggiore complessità».
Come sono andate le due aziende torinesi? Sulla To1 si annunciavano riduzioni e cambiamenti che avevano messo in fibrillazione medici e primari. Poi sono stati gli infermieri a protestare, come al Martini. Alla fine ad essere penalizzati sono stati i più deboli?
«In effetti negli incontri con i direttori comincio sempre chiedendo il loro piano di stabilizzazione del personale. Il tema del superamento della precarietà è molto importante. La Regione ha deliberato l´applicazione delle norme della precedente finanziaria che consentivano la stabilizzazione, si tratta adesso di applicarlo. La situazione torinese è comunque molto specifica, perché le due aziende agiscono su un territorio comune. C´è l´esigenza di uniformare e questo limita in parte l´autonomia. Parlo anche solo degli adeguamenti economici del personale. Ed è andata così anche per le scelte dei dipartimenti di salute mentale e delle dipendenze. Un´azienda ha finito per essere specchio dell´altra».