GIUSTA SENTENZA omicidio di Ibrahim M'Body: e se fosse successo il contrario?

 

Il gravissimo fatto di cronaca accaduto a Zumaglia rientra in un clima di esasperazione sociale creatosi in Italia con la crisi economica e con la presenza nel governo di elementi razzisti e intolleranti verso la parte più debole della società.

Nascono così casi dove, di fronte alla protesta dei lavoratori, imprenditori possono pensare di risolvere le loro questioni con l’uso delle armi. Ieri il caso Landi alla Eutelia di Roma, oggi l’omicidio di un lavoratore a Zumaglia.

Nell’esprimere dolore e cordoglio alla famiglia, ribadiamo la assoluta necessità di contrastare la politica di questo governo che propaganda la cultura dell’intolleranza affinchè si fermi questa ondata di violenza e di odio.

E’ con rammarico che notiamo come anche i “media” locali nell’affrontare l’argomento usino un tono troppo conciliante verso  il carnefice.

Il Partito della Rifondazione Comunista esprime rabbia e sdegno sul fatto accaduto, esprime solidarietà ai famigliari e porta il proprio impegno politico per contrastare questo imbarbarimento della vita e della politica.

La Federazione Provinciale del PRC-SE di Biella

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Venerdì aprendo i giornali abbiamo letto dell’ omicidio di Ibrahim M’Body, e in molti non volevamo crederci. Anzi, per alcuni il fatto che la vicenda non avesse ancora risvolti chiari, ha generato la convinzione che fosse il classico regolamento di conti tra immigrati. Invece, nelle ore successive, abbiamo scoperto che l’omicidio di Ibrahim aveva quel sapore ottocentesco, del padrone che elimina il lavoratore perché rivendica i suoi diritti. Poi, come se nulla fosse, l’imprenditore prova a costruire un depistaggio, per far pensare che quell’uomo in fondo era solo un immigrato, per giunta nero che per chissà quale torbida storia finisce in un canale risicolo. La verità, è emersa velocemente con tutto il suo carico di rabbia e di vergogna. Una vergogna che spero i biellesi possano provare con forza e determinazione, verso un membro di questa comunità che ha risolto con una lama, le rivendicazioni salariali di un suo dipendente. Oggi, se non fosse stato per la notorietà del fratello di Ibrahim, Adam, questa storia sarebbe relegata nelle cronache provinciali e non avrebbe rotto il muro dei confini di questa angusta provincia.

Proviamo però adesso a fare uno sforzo, proviamo ad immaginare che il delitto fosse avvenuto a parti invertite. Che fosse stato l’operaio nero e immigrato, ad infliggere sette coltellate al suo datore di lavoro bianco e padano. I Tg nazionali, avrebbero aperto con questa notizia, lo avrebbero fatto i giornali delle destre, ne avrebbero parlato in certi salotti televisivi. Il mostro confezionato e pronto per una nuova e massiccia campagna d’odio contro gli “altri”. Invece niente, silenzio, quello stesso silenzio che nelle nostre terre affronta altri e ripetuti episodi di violenza: le svastiche sulle braccia di giovani ragazze magrebine, i caffé rifiutati ai “negher” in alcuni bar cittadini o le campagne di boicottaggio verso i bar dei “musi gialli”.

Nel biellese siamo già oltre: le nostre cronache, infatti, non parlano di violenze dei romeni o di case occupate da marocchini o di spacciatori sudamericani. Siamo alla caccia del diverso, abbiamo già introiettato l’odio e lo trasformiamo come nel caso di M’Body, in violenza cieca.

Un territorio controllato e presidiato giorno e notte, dove anche un po’ di vita notturna diventa terreno fertile per la lotta “ai fracassoni”, dove nell’omicidio di Ibrahim al carattere razziale si aggiunge l’insofferenza assoluta verso chi rivendica i propri elementari diritti. Queste vicende sommate tutte assieme, sono il paradigma di una società che ha deciso di chiudersi in se stessa e morire lentamente. La risposta alla crisi drammatica e irreversibile del tessile, ha nei fatti rappresentato la morte sociale e culturale per un’intera comunità.

Stanca e senza voglia di vivere, chiusa nelle sue paure e nelle sue effimere sicurezze. L’assenza del lavoro come assenza di certezze per il futuro, diventano anche mancanza di speranza per il cambiamento. Il precipizio è dietro l’angolo, apriamo gli occhi prima che sia troppo tardi.

 

roberto pietrobon

consigliere comunale de "La Sinistra"

alla Città di Biella

 

Biella, 5 dicembre 2009

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Hanno ammazzato “un negro di merda”

 

Da 8 anni in Italia, a Biella, Ibrahim era nella tipica condizione di chi cerca lavoro e cambia lavori che restano precari.  Da qualche mese lavorava per un “artigiano edile”, affittava, per vivere, uno spazio di proprietà dell’imprenditore. 

Uno di quei padroni che gli osservatori economici considerano la spina dorsale del nostro apparato produttivo! Quelli che assumono in nero e sempre a termine, quelli nelle cui imprese lavorano prevalentemente migranti, quelli nelle cui imprese accadono molti incidente sul lavoro, quelli che evadono sempre le tasse, uno di quelli che spesso non rispetta i patti.

Uno di quelle figure economiche dell’Italia dell’oggi e del domani ha ucciso Ibrahim con nove coltellate e l’ha gettato in un fosso nelle risaie vercellesi, per nasconderlo e per dimenticarlo.

 

L’ha ucciso perché chiedeva di essere pagato. A lavoro terminato, non lo pagava da mesi, chiedeva ciò che gli spettava.  Ma il padrone è padrone e ha messo fine alle richieste insistenti del migrante senegalese.

Chissà se uccidendolo gli gridava “negro di merda!”.

L’artigiano forse, semplicemente, credeva che le sue esigenze venissero prima di quelle di Ibrahim, perché lui è italiano e anche il padrone.

 

Lui è certamente colpevole: ha confessato.  Ma ci sono molti altri complici, come chi  pensa che prima ci siano i diritti degli italiani o che le nostre origine siano certamente cristiane o chi dice che “questi”, prima di tutto, debbano adeguarsi alle nostre regole o chi ha introdotto il reato di clandestinità e ha istituito i CPT.  Tutti questi hanno aggiunto un po’ di forza a quelle coltellate e insieme l’hanno spinto nel fosso, per dimenticarlo, per cancellarlo!  Alla fine hanno solo ammazzato “un negro di merda”. 

 

marco sansoè

 

PS: il Laboratorio sociale “la città di sotto” abbraccia Adam, il fratello di Ibrahim, un nostro amico.

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Ibrahim, Mario, gli altri e noi..

L’imbarbarimento sociale unito al degrado e alla crisi profonda dei
valori umani ha portato all’omicidio di un altro uomo, di un nostro
fratello, uno di quegli uomini che aveva per anni coltivato il sogno
di vivere in pace, in un paese “civile” che avrebbe rispettato i suoi
diritti e apprezzato le sue qualità di persona onesta, lavoratore e
cittadino.
Ibrahim questo sogno credeva di averlo raggiunto, aveva un posto dove
vivere, aveva un lavoro, aveva una speranza, ma quella speranza si è
infranta contro la lama di un coltello una, due, cinque, nove volte,
la mano che stringeva quella lama era della persona che Ibrahim e
tutti quelli come lui, magari, all’inizio stimano di più, la persona
che aveva creduto in lui o in loro, le persone che li avrebbero
aiutati a concretizzare i loro sogni e invece questa persona non ha
realizzato le sue aspettative, ha cominciato a non pagargli lo
stipendio, altri non lo hanno mai pagato, sfruttando lui e quelli come
lui e le sue capacità di sopportare una vita angusta, fatta di mille
rinunce pur di riuscire a sopravvivere, pur di riuscire a stare in
Italia e invece è finita cosi con la morte di un altro uomo, che oltre
tutto il suo essere era anche nero, come se essere di un altro colore
cambiasse il colore del sangue…”noi riusciamo solo e sempre a vedere
ciò che ci differenzia e mai ciò che ci rende simili”…
Ibrahim, John, Chen, Mario e tutti noi facciamo parte di ciò che è la
deriva del mondo del lavoro moderno ai tempi della crisi, dove troppe
aziende con questa scusa prevaricano i contratti, nonostante le
proteste del sindacato. Introducono nei luoghi di lavoro un clima di
terrore soggiogando il dipendente e minacciandolo con la scusa del “se
ti va bene è cosi se no stai a casa tua”, infrangendo tutte le regole
del rispetto civile e dello stato di diritto, lavoratori “costretti” a
rinunciare, senza nessuna garanzia, ad un pezzo del loro stipendio per
“salvare” alcuni compagni, manager senza scrupoli che rifiutano di
incontrare le RSU o che con le RLS accampano a scuse del tipo, “se mi
obbligate e mettere l’azienda in sicurezza io chiudo”, nel frattempo
capitano le Thyessen Krupp, gli Ibrahim e la sequenza interminabile di
infortuni e morti bianche. Non c’è nessuna differenza quando un
lavoratore muore, sia per responsabilità di un singolo o di una
azienda, è un altro uomo che muore e non importa che sia bianco o
nero, non importa che sia italiano o di chissà dove, quello che
davvero importa è che ormai si uccide o ferisce senza scrupolo, non
solo l’”uomo”, ma l’essenza stessa di “persona”, di esserci, di
esistere, gli si uccide o ferisce, dissacrandola per annullarlo, la
propria dignità.
Ad Adam il nostro cordoglio.



Adriano Guala
Presidente di “Eurialo&Niso” Biella.

 

Ritratto di Anonimo

Sindacati edili mobilitati dopo l’omicidio di Ibrahim M’Bodi da parte del suo datore di lavoro. I rappresentanti delle tra sigle: Giovanni Gemin, Piero Tarizzo e Sergio Bono hanno firmato un documento nel quale annunciano per mercoledì 9 un presidio davanti alla prefettura di Biella dalle 11 alle 12. «Il fatto che Ibrahim sia stato accoltellato perchè pretendeva semplicemente il giusto;di essere pagato dopo tre mesi per il lavoro che continuava a svolgere non può passare sotto silenzio. A nostro avviso fatti di inaudita gravità come questo rientrano in un clima generale di imbarbarimento dei rapporti sociali,con la possibile aggravante dell’odio razziale. I diritti dei lavoratori sembrano non avere più cittadinanza e se,come in questo caso il lavoratore è extracomunitario,possono sollecitare le reazioni più estreme. Non può essere certamente questa la risultante di tutta la storia delle lotte del sindacato per l’ottenimento dei diritti e della dignità di tutti i lavoratori, anche nel ricordo delle angherie subite dai nostri migranti all’estero. Per queste ragioni il sindacato degli edili di Biella esprime la propria solidarietà ai familiari di Ibrahim e rinnova il suo impegno nel difendere i diritti di tutti i lavoratori a partire dai più deboli nel mercato del lavoro, quelli maggiormente esposti a ogni genere di ricatto.
Ritratto di Anonimo

voi fate tante parole,ma non siete mai conseguenti ai vostri scritti datevi da fare davvero per cambiare questa società,ma non solo con la favella,fate proposte concrete e serie
Ritratto di Anonimo

E tu? E tu cosa fai oltre a scrivere messaggi anonimi? No, tanto per capire...
Ritratto di Anonimo

oggi 20 maggio 2010, leggendo il giornale apprendiamo che la difesa dell'assassino di Ibrahim, punta alla legittima difesa, invocando quegli articoli di legge riguardanti rapine in villa.Se è legittimo per la difesa tentare tutte le strade, disdicevole è che un giornale riporti in prima pagina la notizia che genera confusione e tende a far diminuire, nell'opinione pubblica le gravi responsabilità dell'assassino.La difesa tenta una campagna stampa che, nello stravolgere i fatti, faccia passare un assassino per vittima. Occorre una mobitazione per impedire questa manovra.Se passa questo concetto, ogni dipendente che si rechi dal proprio titolare a pretendere di essere pagato per il lavoro svolto e lo faccia giustamente arrabbiato, potrà da questi essere ammazzato.Non dimentichiamo i fatti: un lavoratore non pagato, un imprenditore esperto in arti marziali, una casa dove sono presenti armi pericolose e dove una di queste è usata per l'omicidio. Una violenza bestiale, un corpo trasportato a km di distanza col chiaro intento di farlo scomparire per sempre e solo per caso ritrovato.Possiamo tollerare che magari non ci fosse premeditazione, ma sicuramente la volontarietà dell'omicidio era presente ed è stata portata avanti con certosinità, per far scomparire ogni traccia. E' presente una motivazione razziale? Forse no, ma resta il fatto che sulla razza si cerca di ricostruire i fatti per sminuire le responsabilità e incidere sull'immaginario collettivo.

 

Ritratto di l'arcangelo

Della vicenda la parte più impressionante è che l'Avv. S. Delmastro potrà chiamare a teste l'Associazione Apertamente che per prima ha sposato la tesi del banale litigio tra due persone qualsiasi, ove l'elemento gerarchico/padronale che caratterizza la "lite" e non lo "sfruttamento" (richiesta della spettanza e diniego reiterato), non sussista con quello razziale.

L'assassino che non è razzista - sempre secondo Apertamente - probabilmente sotto questo profilo andrà considerato "gentleman".

 

l'Arcangelo

Ritratto di valter clemente

La sentenza e la condanna stabiliscono la verità che si stava tentando di travisare. Ora Ibrahim potrà riposare in pace